Ero su un sito musicale inglese e mi capitò di leggere l'intervista di un artista, che poi si scoprirà essere il front-man del gruppo in questione, che diceva:
- Il nostro genere è il “suicide-pop”;
- per il prossimo futuro la mia aspirazione è quella di fare tanti “cumshot” (sapete cosa sono, vero?). Nello stesso sito c'erano alcune sue foto:
nella prima era rasato, a torso nudo, un grande orecchino ad anello e con un'intero braccio tatuato intenzionato a ciucciare una tetta. Nell'altra appoggiava l'orecchio sul ventre di una donna che stava a gambe aperte (gran bel vedere), mentre scrutava alcuni soldatini collocati sul Monte di Venere completamente rasato.
A fianco c'era la tracklist: Bastard Angel, Jesus Died in Las Vegas, Love Through Vaseline.
Mosso dalla curiosità (molto dal Monte di Venere e dal cumshot), andai a controllare che razza di homepage avessero questi tizi: niente passere spelacchiate, ma la possibilità di ascoltare quattro tracce.
Fu una sorpresa assoluta ed estremamente piacevole. Non solo. Gli Spiritual Front, con già diversi anni di gavetta sulle spalle (questo è il quarto lavoro), riscuotono già un discreto successo in Europa, hanno la loro base a Roma e quindi sono italianissimi, guidati dal loro frontman Simone "Hellvis" Salvatori (voce e chitarra), con Piergiorgio Ambrosi (tastiere) ed Andrea Freda (percussioni) (questa è la loro ultima formazione), ma in realtà è una specie di open band.
In questo album, assieme ad altri artisti ospiti, notevole è l'impatto dell'orchestra di Ennio Morricone in tutte le 11 tracce, così come lo è per l'ottimo violinista inglese Matt Howden (Sieben), assolutamente struggente nel brano "My Kingdom for" a Horse in una sessione d'archi da brivido, sempre ben integrati con i cori e la voce di Salvatori, che non ha avrà il timbro di Fisher o Berninger, ma ugualmente riesce a trasmettere la propria passionalità.
E' difficile catalogare il suicide-pop degli Spiritual Front, pare un intenso affresco indie-folk oscuro, con l'originalità di cavalcate western ed erotici tanghi, il tutto condito da una bella dose di autoironia.
Un disco che merita attenzione e per questo a distanza di anni, mi è doveroso ringraziare pubblicamente quel Monte di Venere, che me lo ha fatto scoprire.