28 agosto 2008

My Brightest Diamond: A Thousand Shark’s Teeth



Experimental, Rock, Indie

Lunghe citazioni per due album in un unico post.
Tutto per una unica grande artista. Già perchè My Brightest Diamond è semplicemente la cantante e polistrumentista Shara Worden.
Gli album sono il bellissimo (e più digeribile) Bring Me The Workhorse, album di debutto edito nel 2006 ed il recentissimo A Thousand Shark’s Teeth.
Splendida voce, splendide melodie dagli arrangiamenti lucidi e disperati, per un suono crudo e stordente.
axelmoloko per Indie For Bunnies:
Affascinante, giocoso, audace, premonitore, aggraziato, eclettico, eccitante, viscerale: sono questi i primi aggettivi che vengono in mente dopo aver ascoltato “A Thousand Shark’s Teeth”. Evocativo e complesso, il disco è pieno di quelle melodie e arrangiamenti che ti restano attaccati addosso anche dopo che hai smesso di ascoltarlo.//..........//
Sono sicuro! Amalteo ne sarà ammaliato.

MySpace: http://www.myspace.com/mybrightestdiamond
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... fotografa mondi immaginati, My Brightest Diamond, e li circonda con una musica che potrebbe essere dei Banshees spogliati da ogni furia punk, se solo avessero chiamato la Kate Bush più teatrale a scrivere le loro canzoni. O almeno, questa è l’impressione che lasciano le prime due canzoni di “Bring me the workhorse”, perché il resto del programma contiene molto altro: movimenti usciti da un musical triste (“Gone away”), murder ballads (“The robin’s jar”), l’oscurità che esplode all’improvviso come nelle pagine migliori dei Castanets (“Magic rabbit”); o ancora, la perfezione delle melodie e di archi melodrammatici (una “The good and the bad guy” che perfeziona quanto fatto dagli Ilya), una voce che – perfettamente padrona di sé – sibila come la PJ Harvey di “To bring you my love” tra la polvere sottile delle dissonanze (“Freak out”) e subito dopo vola tra cori vespertini (“Disappear”)…
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Bring Me the Workhorse (del 2006): http://www.mediafire.com/?z9jw4piycyf
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Ancora Daniele Paletta dalla sua ultima recensione del 26 Agosto 2008:


Continuo ad ascoltare questi mille denti di squalo, e l’unica espressione che insiste a bussarmi mente è drama queen. Shara Worden è sì regina del melodramma, ma non come se fosse una diva capace di incantare teatri affollati: assomiglia piuttosto a una donna con una voce appassionata eppure distante, che canta rannicchiata in un angolo della scena, davanti a una platea vuota. Le sue canzoni, colme di archi e di voci fluttuanti, non si lasciano mai catturare davvero: sanno abbagliarti, nel preciso istante in cui le ascolti, per poi sparire, e aspettarti di nuovo nascoste nel buio //................// Il rock ossuto delle prime, qui, rimane solo nella splendida “Inside a boy” d’apertura: apertura di fiaba, un basso indomabile, elettricità sospesa fino al grido finale, liberatorio, potente. Una meraviglia, che trascolora subito nei terreni più eterei nella foresta di suoni brillanti di “The ice & the storm”, per poi farsi avvolgere definitivamente dagli archi. Ed è a quel punto che tutto diventa volutamente schivo, difficile, poco aperto: affascinante, certo, ma inavvicinabile.//.............//Non riesci ad avvicinarlo, questo disco. E si rimane lì, a sentirsi quasi in colpa perché non si sa apprezzare fino in fondo un album che sa far convivere Maurice Ravél (il testo di “Black & Costaud”) con i sample oscuri di Tricky, ardite architetture d’archi con una voce che sembra letteralmente volare. “A thousand shark’s teeth” ha la bellezza di un’opera d’arte in un museo. Ti può commuovere fino alle lacrime, ma ti lascia frustrato: non riuscirai mai a toccarla, a farla davvero tua, tutta quella bellezza. -------------------------------------------------------------------------------


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15 agosto 2008

Bark, Hide and Horn: National Road


Folk Rock, Indie, Other
Gremigna. Già, ancora gremigna.

Mentre è in uscita il primo lavoro ufficiale de The Reign of Kindo già segnalati per il loro bellissimo EP, è mio grande piacere segnalare qualcosa di sincero e rustico, dal sapore semplice ed antico. Un po' come ritrovarsi nella Toscana di Bagno Vignoni, riassaporare la pasta al sugo che solo la nonna riusciva a fare, o tornare a dormire nel letto di piume del vecchio cascinale di Stradella, per poi fare colazione con lo zabaione.
E' questo l'effetto che mi fa questo debuttante quartetto di Portland (ancora Portland? Ma va, non ci credo), con una delle migliori incisioni (la migliore?) dell'anno in corso, grazie al loro pastorale National Road, interamente dedicato al National Geographic ed a luoghi e personaggi che lo hanno reso famoso.
Però credo di comprenderne i motivi:
trattasi del fattore trapasso/esponenziale.
Il disco è costellato di trombe.
Meno trombo io e più me ne innamoro ascoltadole.
Ed ecco che ritrovo i sapori semplici e di una volta.
;-)
Visto "i sapori antichi" ed il tempo, se ho voglia e piove nuovamente vado per chiocciole.
Buon Ferragosto.
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Interamente ascoltabile in stremaing (al momento):
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Doverosa menzione per..... bhè, praticamente tutto.

6 agosto 2008

Lambchop

Indie, Orchestrale, Roots
I primi di Ottobre sarà pubblicato il nuovo lavoro dei Lambchop dal titolo OH (Ohio).
Intanto godiamoci in loop Up with People tratto dall'album edito nell'anno 2000 e dal titolo Nixon (per chi lo desidera, sotto c'è il link dell'album).