29 gennaio 2008

Arms and Sleepers: Black Paris 86

Risorse elettroniche al servizio delle trombe.

E' tardi e questo "Black Paris 86" non è semplicissimo, quindi mi spiego con due parole. La musica d'ambiente l'ho sempre trovata un po' "freddina". Ecco, questo disco invece è caldo.
Una gioia per le mie (e spero vostre) orecchie: cori eterei e suoni dalle fragranze jazzate, melodie ipnotiche di grande impatto e superbe atmosfere, dove le trombe fanno cadere in una sorte di morbida catalessi ambientale.
Una gran bella prova di questi ragazzi provenienti dal Massachusetts, per un incisione che più notturna non si può. http://www.myspace.com/armsandsleepers

28 gennaio 2008

Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra & Tra La La Band: 13 Blues for Thirteen Moons

Chitarre distorte
Della “Costellazione” ci si può fidare, quindi che dire, se non chiedersi sul perchè opere così dolorose siano così attraenti. A veder bene, aldilà delle bellissime esplosioni sonore, è vero che si ascoltano solo un paio (si fa per dire) di riffoni per pezzo, ma questi sono tanto ossessionanti quanto forti e coinvolgenti. Ruvidi e cattivi come mai, a volte scarni, la disperazione di Vic Chesnutt fa capolino in ogni momento, rivelandosi in forma solida. “Blindblindblind” è ipocrita, chiederà la vostra attenzione, crederete nell'aver trovato un'attimo di rilassatezza, vi solleverà il morale facendovi vedere un bagliore nell'oscurità, ma poi vi stenderà nuovamente al tappeto facendovi cadere nel buio più profondo, provati dalla stanchezza, ma soddisfatti.
Ammorbanti è sufficiente?
...."13 Blues for Thirteen Moons" has found his way onto the internet...... uno è questo.

25 gennaio 2008

Black Mountain: In The Future

In The Future? No! In The Past

- Ci son rimasto male.
- Che problema c'è?
- Bhè, c'è che così presto non lo aspettavo.
- Cosa non aspettavi?
- Così, subito, all'inizio dell'anno. E chi se lo aspettava un disco della Madonna, come questo? Sono ancora impegnato ad ascoltare quelli dello scorso anno.

- Guarda di non fare figurette. Non sei stato attento. Oppure, vedi di lavartele bene le orecchie la mattina. Questo disco non dice nulla di nuovo: è il solito polpettone che si rifà ai tempi che furono e poi è pomposo.
- Pomposo? io direi "ambizioso con gusto". Comunque hai perfettamente ragione: finalmente un disco di sano, vero, vecchio buon ROCK, come se ne faceva una volta. Suite da quasi 17' compresa.

- Ma non dire stronzate! Sono uguali ai Black Sabath.

- Solamente?

- Bhè al dire il vero ricordano anche i Floyd e qualcosa di Bowie.

- Altro?

- Per me no. Ma forse a quacuno potrebbe venire in mente i Velvet Underground, Led Zeppelin, Jefferson Airplane.....
- Shhh! Ho capito. Tutta gentaccia del cazzo eh?
Quasi clamoroso e poi "Tyrants" è da annali.
http://www.myspace.com/blackmountain

16 gennaio 2008

Kashiwa Daisuke: Program Music I


Made in Japan
Di giapponese conosco poco o nulla, quindi oltre gli involtini primavera non sono mai andato e musicalmente parlando, rimasi affascinato solamente dal magnifico Battle Honor Or Humanity di Tomayasu Hotei (e qui devo ringraziare Tarantino), poi nient'altro. Anzi, rimanendo in tema musicale, ho sempre evitato tutto ciò che era occhi a mandorla, soffrendo in maniera particolare il cantato. Questo è certamente un mio limite, come è certo che in questo Program Music I ci sia molta Europa.
Proveniente da gruppi rock, Kashiwa Daisuke è al secondo album: il primo lo aveva già inciso per una etichetta tedesca (dei crucchi possiamo dire tutto, ma di musica se ne intendono), avendo influenze anche da parte del nostro Maurizio Bianchi e dopo avere arricchito il proprio bagaglio, eccolo tornarsene in patria e dare alla luce due tracce completamente strumentali. Già! L'album è composto da due sole partiture: la incredibile Stella e Write Once, Run Melos. Due lunghi episodi che racchiudono molto della musica contemporanea, senza una precisa struttura, cesellati con grande attenzione, a volte strabordanti, spesso minimalisti, ma sempre creativi.
Un album che va oltre la musica classica alternativa, dove spesso la batteria è predominante, dove le trombe si ergono a protagoniste, dove le sessioni di violini spezzano il cuore. Motivo comune denominatore la potenza di un pianoforte dai toni alti, mai domo, circondato da improvvisi rumori d'acqua e stormi di uccelli, da furtive voci di bambini che giocano al parco e cori eterei femminili, da campane e numerosi bit elettronici, ora cristallini, distorti poi.
Probabilmente Daisuke si era chiesto: "potranno mai convivere musica classica, elettronica, progressiv, jazz, noise e fanfare? La risposta è riuscita a darsela da solo ed è racchiusa in quest'album.
Come Hotey, lo aspetto ad interpretare una grande colonna sonora, ma ancora di più resterò in attesa di Program Music II.

11 gennaio 2008

Thomas Dybdahl: Science


?
Spiacente ma son come San Tommaso (ciao puce): per crederci devo vedere la carta d'identità con il nome. Un certificato anagrafico. Magari anche la tessera sanitaria. Dai, si vede lontano un miglio che è un semplice e spudorato trabocchetto.
O.K.
Accostatelo pure ai vari Nick Drake, Jeff Buckley e chi volete voi, ma non ha ne' la faccia, ne' la voce, ne' le sonorità. Ve ne approfittate perchè se lo filano in pochissimi, quindi non prendiamo in giro la gente: questo non può essere nato in scandinavia. Per favore, raccontatelo a qualcun'altro, perchè questa è ovviamente una boutade pubblicitaria (si scriverà così?).
E' certamente greco. Anzi no! Credo sia brasiliano. O più probabilmente viene dalle terre del deserto texano. Insomma è quello che vi pare, ma norvegese no. No di certo.
Un musicoterapeuta che fa bene all'ascoltatore. Un disco delizioso, che si fa ascoltare in punta di piedi con tanta classe.
http://www.myspace.com/dybdahlnet

7 gennaio 2008

Beirut: Gulag Orkestar

All'epoca fu una gran sorpresa. E' proprio vero: spesso ti aspetti qualcosa che non arriva, altre volte, sul più bello, invece trovi sensazioni molto piacevoli che non ti saresti mai immaginato (e si che ero assai diffidente). Fu il caso di questo album che trovai si, malinconico, ma estremamente giocoso.
Non è un controsenso: Gulag Orkestar è giocoso nella propria malinconia. E' la banda del paese che mai è stata così apprezzata, che porta la festa tra le strade polverose dove abita la povera gente.
Originale con brani assai orecchiabili, splendide le trombe, piacevolissime le fisarmoniche (strumento che non amo particolarmente), bella la voce, anche se un po' monocorde, dell'allora diciannovenne Zach Condon ed i cori.
A volte capita che nei mercatini rionali sia possibile trovare piccole cose importanti. Per me, questo lo era molto più di quello uscito quest'anno.

4 gennaio 2008

A Whisper In The Noise - Dry Land

De gustibus
Nel panorama internet, ognuno ha i suoi siti di riferimento: musicalmente parlando, getto spesso un occhio a Sentireascoltare ed Ondarock. Li trovo ben fatti, equilibrati e professionali. Spesso non sono daccordo con i giudizi espressi (come in questo caso), ma poco importa.
La musica è pelle, sensazioni, momenti e tutto ciò che volete. E' quindi simpatico notare come, anche tra gli "addetti ai lavori", possa variare un sentimento musicale non solo sul giudizio di un intero album (che in questo caso coincide abbastanza), ma su quello di una singolo brano valutato in maniera diametralmente opposta.
Sinteticamente, sulla quinta traccia dal titolo Sons:
Sentireascoltare: ....(la bellissima Sons, che da sola varrebbe l’ascolto dell’intero disco)....
Ondarock: ....seguita dalla noisy “Sons”, che si rivela uno dei punti deboli del disco....
Il bello della musica.

Fluttr Effect: Marking Time


Progressive, amore mio.

Con la musica progressiva ci sono nato e convissuto per un sacco di tempo. Tutt'ora adesso la riascolto.
Ringrazio sempre mio fratello (e mai ne abbiam parlato), che certamente mi ha dato un "certo" indirizzo musicale, complice la maggiore età.
Forse sarà anche per questo amore ancestrale, che lo scorso anno Marking Time l'ho considerato (e lo considero tutt'ora), una delle migliori uscite targate 2006.
Da qualche anno sto notando una certa idiosincrasia verso quello che è chiamato progressive. Allora faccio prima: lo chiamo art-rock, che fa tanto figo.
Allora dico che pur tra alti e bassi questo è un gran disco di art-rock, con una sensualissima voce femminile e su tutte metto Hollywood Is Porn, una splendida suite di 12 minuti (come se ne faceva una volta e anche più) dove le variazioni di suono sono una costante e la seconda parte è letteralmente da urlo, February First 1896, dove pare di ascoltare musica in bianco e nero e la jazzata Don't Know What You're Living For .